ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
''Oscillazioni'', inaugurata
la mostra a palazzo Chigi
di Andrea Bentivegna
14/05/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

Nel 1872 ci si domandò se un cavallo, durante una galoppata, venisse a trovarsi per qualche istante con tutte e quattro le zampe sollevate da terra. La quesitone può sembrare oggi sciocca ma dimostrarla non era affatto scontato all’epoca. La soluzione fu trovata da un geniale fotografo, Eadweard Muybridge, che immortalòuna corsa utilizzando ben 24 fotocamere distinte, ognuna sistemata a poca distanza dall’altra parallelamente lungo il tracciato. Nacque così la cronografia una tecnica che, scomponendo il movimento in una sequenza di fotogrammi, oltre ad anticipare per certi versi il cinema, ha finito per influenzare numerosi artisti di ogni epoca.

È proprio dal lavoro di Muybridge che trae origine ''Oscillazioni'', la mostra di opere di Giuseppe De Boni inaugurata proprio ieri a palazzo Chigi e che sarà visitabile fino al 22 maggio. I lavori esposti infatti si riallacciano al tema della scomposizione del movimento interpretandola però attraverso la sua scansione cromatica.

Il colore, o per meglio dire l’accostamento di colori, oltre a suggerire un’idea dinamica produce poi un universo emotivo che richiama i capolavori di grandi maestri del novecento come Paul Klee e Mark Rothko.

Come il prisma triangolare che quando è attraversato dalla luce rende visibili le sue componenti spettrali, così i quadri di De Boni sembrano scomporre la realtà attraverso le sue gradazioni di colore generando una sequenza di immagini mutevoli proprio come avveniva con i fotogrammi di quella famosa cavalcata.

Un risultato apparentemente astratto scaturito però da un processo creativo assolutamente logico e per così dire quasi architettonico in cui il particolare assume significato solo se ammirato nel suo contesto generale.

Non potrebbe essere altrimenti. Del resto il viterbese De Boni è pur sempre un architetto che, insieme al collega e concittadino Ugo Colombari, ha dato vita a uno degli studi romani più interessanti di questi ultimi anni firmando insieme numerosi allestimenti da quelli per l’Estate Romana fino al Museo del Parco del Celio passando per importanti progetti di recupero industriale come quello dell’Officina del Gas o l’Ex Mira Lanza trasformata nel celebre teatro India.

Dopo tanti progetti e diversi riconoscimenti in giro per l’Italia e l’Europa il ritorno a Viterbo con questa mostra in cui il confine tra tre e architettura sembra confondersi anche per merito dello splendido contesto di palazzo Chigi, che la ospita all’interno di una delle più suggestive residenze nobiliare quattrocentesche di Viterbo voluta nel XV secolo da Carlo Caetani e acquistata poi dalla famiglia Chigi nel secolo successivo.

Il palazzo che sorge a pochi passi da piazza del Gesù dove sembra stabilire un ideale collegamento con il palazzo di Vico - quest’ultimo oggetto del più recente progetto di De Boni e del suo studio, concluso appena qualche mese fa, e che ha permesso la realizzazione di un nuovo percorso tra la splendida piazza e la sottostante via Sant’Antonio.

Perché in fin dei conti il disegno è pur sempre un percorso, un racconto così come spesso lo sono gli allestimenti di De Boni ma anche un momento essenziale del progetto e questa mostra ce lo ricorda.

L’astrattismo della singola immagine diviene architettura dipinta quando viene osservato in relazione al suo contesto. Che poi è ciò che avviene anche con un edificio o con le immagini di Muybridge quando, guardate in sequenza, si tramutano in un racconto filmato.





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